Cosa significa, per te, Elvis?
GEORGIA, GLASGOW, UK
Cara Georgia,
agli inizi del 2000, ho visto Johnny Cash mettere piede in uno studio a Los Angeles, vecchio, malato e temporaneamente cieco (ha avuto fino alla fine della sua vita una condizione che affliggeva la sua vista), seduto mentre cantava una canzone e si trasformava in un essere elevato. Ho visto Nina Simone salire una rampa di scale al Royal Festival Hall a Londra, a stento in grado di camminare, sedersi al piano e trasformarsi. Ho visto Shane MacGowan salire sul palco per un concerto in Francia, dopo essersi fatto dieci trip di LSD, e senza sapere dove si trovasse, trascinarsi al microfono e cominciare a cantare meravigliosamente, trasformandosi. Questi momenti di trasformazione racchiudono la natura religiosa della performance, in quanto imitano la crocifissione e resurrezione di Gesù Cristo stesso. Questa narrativa di sofferenza e rinascita avviene più volte nelle nostre vite, ma io credo che sia catturata al meglio nelle performance musicali. Attraverso lo sconfinato potere della musica, un performer trascende le sue condizioni disgraziate, mettendo in atto una sorta di pubblico esorcismo e, facendolo, trasformarsi in una divinità.
Nel 1981, a Londra, vidi il film This Is Elvis. Sono sempre stato un fan di Elvis, con un amore particolare per i brani che ha fatto negli anni settanta - Suspicious Minds, In the Ghetto, Kentucky Rain, Always on My Mind - e avevo una specifica ossessione con l'album gospel, How Great Thou Art che registrò nei primi anni sessanta. Gli ultimi dieci minuti di This Is Elvis, cambiarono la mia idea di performance per sempre.
Nei minuti finali del film, vediamo Elvis sul palco a Las Vegas, cantare la famosa cosiddetta 'Laughing Version' di Are You Lonesome Tonight? La camera parte da un campo largo che lentamente stringe sul volto di Elvis. Elvis è fatto e sovrappeso e prima aveva fatto un disastroso monologo centrale, possiamo vedere il puro tormento della sua performance, gli occhi alterati e umiliati, la terribile solitudine, l'orrore del momento - la sua immensa anima crocifissa sulla croce del suo stesso corpo, mentre barcolla tra le parole. E' uno dei più traumatici filmati che abbia mai visto. A questo segue un medley, An American Trilogy. Elvis muore e mentre i media riportano la notizia della sua morte, lo si sente cantare Dixie mentre scorrono le immagini della sua cerimonia funebre. Vediamo il corteo, la folla in lacrime, la tomba, e i fiori, mentre il film ritorna al concerto di Las Vegas ed Elvis canta la eternamente meravigliosa All My Trials. Per me è incommensurabilmente emozionante, Elvis col capo chino, la sua straordinaria voce immersa nel dolore - poi la band s'innalza, lui alza la testa e canta The Battle Hymn of the Republic ed Elvis risorge, trionfante. E' pura religione e più potente di quanto abbia mai visto. L'immagine finale di lui, al rallentatore, con le braccia tese, le ali d'angelo del suo mantello, spalancate, mostrano la sua gioiosa ascesa al paradiso.
Mentre tornavo dal cinema, mi restavano queste tre immagini - un Elvis umiliato con le lacrime asciugate sul volto; il capo chino nella dolorosa accettazione; le sue braccia aperte in trionfo. Queste sono le stazioni del passaggio di Cristo sulla croce, l'angoscia, la sofferenza e la resurrezione, un viaggio che ci accoglie tutti, nel tempo.
Elvis continua ad esibirsi fino alla fine. Ai miei occhi, lui era una sorta di angelo; allo stesso tempo terribilmente ed orribilmente umano e divino nella sua folgorante ascesa che ha toccato così tanti cuori. Era fallibile e divino allo stesso tempo. Ha crocifisso sé stesso sul palco a Las Vegas, al Supper Show e al Late Show, centinaia e centinaia di volte. I suoi ultimi anni sulla terra sono stati più tristi e soli di quanto si possa immaginare, ma la sua performance di Las Vegas fu un epico trionfo di trascendenza umana, dove gli angeli hanno guardato giù verso uno di loro caduto così lontano, e poi hanno guardato su, dov'è asceso.
Con tanto amore, Nick.
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