"In a garden full of roses my hands were tied behind me
My Cousin was working miracles, I wondered if he'd find me
The moon was turned toward me like a platter made of gold
My death, it almost bored me so often was it told"

("Mercy", 1988)


caption

Nick Cave: The Secret Life Of Love Songs / The Flesh Made Word » [1999] Nick Cave: The Flesh Made Word - La Carne Fatta Verbo, Testo in Italiano (torna all’elenco)

La Carne Fatta Verbo

Gesù ha detto, "Ovunque due o più persone si riuniscono, io sono tra loro." Gesù si riferiva al fatto che ovunque due o più persone si riuniscono c'è una comunione, c'è linguaggio, c'è immaginazione. C'è Dio. Dio è un prodotto dell'immaginazione creativa e Dio è l'immaginazione che spicca il volo.

Da bambino credevo che usare l'immaginazione fosse immorale. Vedevo la mia immaginazione come una stanza oscura con una grossa porta sprangata che ospitava ogni sorta di fantasie vergognose. Mi sembrava quasi di sentire i miei pensieri segreti che sbattevano e raschiavano dietro la porta, supplicandomi sommessamente di farli uscire. Di raccontarli. A quell'età non avevo ancora idea che quegli oscuri borbottii venissero da Dio.

A otto anni entrai nel coro della chiesa anglicana locale e per i quattro anni successivi servii alle funzioni due volte a settimana, ma il Dio che veniva predicato là mi sembrava remoto, alieno, e incerto. Me ne stavo seduto sugli stalli, con la mia tonaca cremisi, mentre dei pensieri malandrini trasudavano da dietro la porta sprangata della mia immaginazione.

Quando fui più grande ed entrai nell'adolescenza, mio padre - che ora è scomparso - decise che era ora di trasmettere a suo figlio alcune informazioni. Avevo tredici anni e lui mi faceva entrare nel suo studio, chiudeva a chiave la porta e cominciava a recitare lunghi e sanguinosi estratti dal Tito Andronico di Shakespeare, oppure la scena dell'assassinio di Delitto e Castigo, o ancora interi capitoli della Lolita di Nabokov. Mio padre gesticolava freneticamente, poi rivolto a me diceva, "Ragazzo, questa è letteratura!" e dalla potenza che gli generava dentro, riuscivo a capire che lui sentiva di passarmi una conoscenza segreta. Io restavo seduto ad ascoltare quelle parole folli che sgorgavano dalla sua bocca, felice di essere stato invitato in quel mondo strano e anomalo.

Osservavo mio padre perdersi nella profusione della sua energia creativa e, sebbene quest'idea lo avrebbe fatto ridere, ciò che mio padre trovava nella sua amatissima letteratura era Dio. La letteratura lo elevava, lo distoglieva dalla normalità, lo sollevava al di sopra del mediocre e lo avvicinava all'essenza divina delle cose. Anche se allora non ne ero consapevole, in qualche modo intravedevo che l'arte aveva il potere di isolarmi dalla mondanità del mondo, di proteggermi.

Così mi misi a scrivere delle poesie veramente pessime. Quando avevo circa quindici anni, con i miei amici formai un gruppo rock, smisi di scrivere poesie veramente pessime e cominciai invece a scrivere canzoni veramente pessime che erano molto influenzate dal libro che stavo leggendo in quel momento.

Dopo la scuola media andai all'istituto d'arte e fu allora che iniziai ad interessarmi di arte religiosa, soprattutto perché - credo - irritava i miei insegnanti che invece ritenevano che io dovessi preoccuparmi di più delle forme dell'arte contemporanea. Avevo riproduzioni di Grunewald, Fra Angelico, El Greco, Tintoretto eccetera con cui ricoprivo le pareti del mio spazio di lavoro e, quasi con sorpresa, mi accorsi di saper riconoscere le scene bibliche che vi erano rappresentate, ne conoscevo i personaggi principali e le loro storie. Perciò mi comprai una Bibbia tascabile, la versione di Re Giacomo, la aprii alla prima pagina e cominciai a leggerla.

Le storie della Bibbia mi tornavano in mente da qualche parte del mio subconscio dove erano state impiantate durante la mia infanzia quando ero un ragazzo del coro. Scrivevo ancora canzoni per il mio gruppo e nella prosa dura del Vecchio Testamento trovai subito una lingua perfetta, allo stesso tempo misteriosa e familiare, che non solo rifletteva lo stato mentale in cui mi trovavo in quel periodo, ma infondeva attivamente forma ai miei tentativi artistici. Vi trovai la voce di Dio ed era brutale, geloso, spietato. Per ogni pensiero bilioso che nutrivo su di me e sul mondo, e ne avevo molti, trovavo un equivalente che dalle pagine del Vecchio Testamento balzava fuori mostrando i denti.

Il Dio del Vecchio Testamento sembrava crudele e rancoroso e mi piaceva il modo in cui spazzava via intere nazioni per capriccio. Mi piaceva leggere il Libro di Giobbe e mi stupivo del Dio vano e diffidente che trasformava la vita del Suo servo "integro e retto" in un vero inferno. Elifaz, uno degli amici di Giobbe, dice, "L'uomo a nato per soffrire, come le scintille volano verso l'alto" e nella mia piccola e orrida mente quelle parole suonavano proprio giuste. E perché l'uomo non dovrebbe essere nato per soffrire, dovendo vivere sotto la tirannia di un simile Dio? Cosi la sensazione che ricevevo dal Vecchio Testamento era quella di un'umanità misera che soffre per volere di un Dio dispotico, e ciò iniziò a pervadere la composizione delle mie liriche.

Di conseguenza le mie parole si arricchirono di una nuova pericolosa energia. II mio gruppo, che si chiamava Birthday Party, suonava una musica carica di ritmi assordanti e di chitarre lancinanti e martorianti. Tutto quello che dovevo fare era salire sul palco, aprire la bocca e lasciare che la maledizione di Dio ruggisse attraverso di me. Diluvi, fuoco e rospi sgorgavano dalla mia gola. Parafrasando liberamente William Blake, "Io personalmente non facevo niente. Mi limitavo a puntare il dito della dannazione e lasciavo che lo Spirito Santo facesse il resto." Sebbene allora ancora non me ne rendessi conto, Dio parlava non solo a me, ma attraverso di me, e il Suo respiro era fetido. Io ero lo strumento per un Dio che parlava una lingua scritta con la bile e il vomito. E per un po' la cosa mi andò bene.

Dopo alcuni anni i Birthday Party si sciolsero, io ormai ero stanco e anche la mia scrittura si era esaurita. Tirarne fuori qualcosa era una vera battaglia. Ero schifato e disgustato e anche il mio Dio si trovava in una condizione simile. Era difficile odiare sempre tutto. Alimentare tutto quell'odio era una faccenda dolorosa e faticosa. Salivo sul palco e guardavo verso quelle facce contorte che urlavano e agitavano i pugni contro di me al buio e cominciavo a sentirmi triste e male. Decisi che era ora di cominciare a leggere un altro libro, cosi chiusi il Vecchio Testamento e aprii il Nuovo.

In esso, nei quattro meravigliosi poemi in prosa di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, lentamente cominciai a ritrovare il Gesù della mia infanzia, quella strana figura che attraversa i Vangeli, l'Uomo del Dolore, e attraverso di Lui ebbi la possibilità di ridefinire il mio rapporto con il mondo. La voce che parlava attraverso di me adesso era più dolce, più triste, più introspettiva. Più leggevo i Vangeli, più Cristo ispirava la mia immaginazione perché il Suo viaggio era, secondo me, proprio quello: un volo dell'immaginazione. Cristo che si faceva chiamare sia il Figlio dell'Uomo che il Figlio di Dio, a seconda dell'occasione, era esattamente quello - un uomo di carne e sangue, talmente in contatto con le forze creative dentro di Sè, talmente aperto alla Sua immaginazione brillante e infuocata, da diventare fisicamente la personificazione di quella forza, Dio. Cristo e il modello spirituale da seguire per diventare anche noi simili a Dio.

C'è quella storia meravigliosa nel Vangelo di Giovanni in cui gli scribi e i Farisei portano a Gesù una donna sorpresa in adulterio e, per tendergli un tranello, gli chiedono se la donna debba essere lapidata secondo la legge di Mosè. Cristo non risponde subito, ma si china e con il dito si mette a tracciare dei segni per terra, come se non li avesse sentiti. I Farisei insistono e dopo un po' Cristo si alza e risponde, "Quello di voi che e senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei." E poi si china di nuovo. Per me questo gesto apparentemente distratto, il chinarsi e mettersi a tracciare segni per terra, è Cristo che entra in contatto con il Dio dentro di Sè. Poi Cristo pronuncia la frase che disarma i Suoi opponenti - un'osservazione davvero straordinaria - e si china di nuovo per comunicare ancora con Dio.

Qui Cristo ci dimostra che l'immaginazione creativa ha il potere di combattere tutti i nemici, che siamo protetti dal flusso della nostra ispirazione. Chiaramente ciò che Gesù più disprezzava e contro cui non cessava di inveire erano le forze che rappresentavano l'ordine stabilito delle cose, simboleggiato dagli scribi e dai Farisei - gli studiosi ottusi e ristretti della legge religiosa che spiavano ogni Sua mossa. Cristo li vedeva come nemici dell'immaginazione che facevano di tutto per bloccare il volo spirituale del popolo e lo tenevano impantanato con il loro spulciare teologico, l'intellettualismo e la legge. Per Cristo l'orco cattivo, ciò che fin da allora e rimasto come letame depositato all'entrata della Chiesa cristiana, era l'ossessione dei Farisei per la legge, anziché per il logos. Disse San Paolo ai Corinzi, "La lettera uccide, lo spirito vivifica." Come può uno elevarsi spiritualmente se incatenato dalla giurisprudenza religiosa? Come si può dire all'immaginazione come comportarsi? Come può l'ispirazione, o in questo senso Dio, essere morale?

"Guai a voi, scribi e Farisei, ipocriti," rimprovera Cristo in Matteo, "perché chiudete il Regno dei Cieli davanti agli uomini." E più avanti Egli dice, "Siete come sepolcri imbiancati che all'esterno appaiono belli a vedersi, dentro invece sono pieni di ossa di morti." Questo era il linguaggio del Signore ed erano frasi simili, al contempo compassionevoli e malevole, che riverberavano attraverso le mie parole. Cristo era clemente, misericordioso e amorevole, ma dopo tutto era sempre il Figlio del Dio del Vecchio Testamento e il sangue di Suo Padre gli bolliva ancora nelle vene. Nel creare Suo Figlio, Dio Padre si era evoluto. Era progredito. La misericordia divina non era più riservata alle nazioni elette e ai loro re, le ricompense divine non erano più trasmesse a signori temporali e spirituali. Cristo, il Figlio, venne come individuo, Il Verbo incarnato, per riportare nel giusto i concetti fuorviati di Suo Padre - o, come scrisse Paolo ai Corinzi, "Dio ha riconciliato con Sè il mondo in Cristo." Cristo venne per rimediare agli errori del Padre. Cristo, l'uomo, che aborriva il concetto di elite spirituale, parlava a tutti. Egli venne con il dono del linguaggio, dell'amore, dell'immaginazione. Disse Gesù nel Vangelo di Giovanni, "Le parole che vi ho detto sono spirito e sono vita", e sono queste parole, il Suo linguaggio, il logos, che dai Vangeli ci parla cosi eloquentemente e misteriosamente. Cristo è l'immaginazione, a volte terribile, irrazionale, incendiaria e bellissima - in breve, divina.

E cosi, come per Gesù, dentro di me c'è il sangue di mio padre ed e da lui che ho ereditato, fra le altre cose, l'amore per la letteratura, per le parole. E come Cristo per Suo Padre, allo stesso modo anch'io sono una generazione successiva e - perdonami, Papà - una versione più avanzata in termini evoluzionistici. Mio padre aveva sempre desiderato scrivere un libro e, nella stanza dove mi portava ed entrava in comunione con me attraverso il linguaggio di altri, lui dando e io ricevendo, c'era una scrivania in cui conservava gli inizi di diversi romanzi abortiti, tutti perfettamente ma tristemente ben catalogati e titolati. Quando avevo circa dodici anni mio padre mi chiese, stranamente, che cosa avessi fatto per aiutare l'umanità. Non avevo idea di che cosa volesse dire, allora rigirai la domanda e gli chiesi che cosa avesse fatto lui. Disse che aveva scritto un paio di racconti che erano stati pubblicati in riviste e io condivisi il suo orgoglio mentre me li mostrava. Ma notai che le riviste erano vecchie di dieci anni ed era chiaro che quei due racconti erano stati dei piccoli semi piantati in un giardino che non era cresciuto.

Nel 1985 mi trasferii a Berlino dove mi misi in testa di scrivere un romanzo. Per i tre anni seguenti mi rinchiusi in una stanza a Kreuzberg e lo scrissi. Lo intitolai E l'Asina Vide l'Angelo. Parlava di un giovane eremita pazzo e muto di nome Euchrid Eucrow il quale, essendogli stata negata la facoltà di parlare, alla fine esplode in una rabbia catartica e mette in ginocchio la comunità religiosa in cui vive. La storia, ambientata nel Sud degli Stati Uniti e narrata attraverso la voce o non-voce di Euchrid Eucrow, era scritta in una sorta di parlato-pensato iperpoetico, non fatto per essere detto - un linguaggio ibrido che era in parte biblico, in parte dialetto del profondo Sud, in parte slang dei bassifondi, a volte oscenamente riverente e altre volte riverentemente osceno. Attraverso tutta la storia, Dio colma il ragazzo muto di informazioni, lo istiga con idee cattive, "odio ispirazione dritta da Dio," come dice lui ma, non avendo nessuno con cui parlare e non potendo parlare in alcun modo, Euchrid, come un tubo intasato, scoppia. Per me, Euchrid è Gesù diventato improvvisamente muto, è l'artista bloccato, è l'immaginazione introiettata e divenuta pazzia.

Dio non si trova in Cristo, ma attraverso Cristo. Nel Vangelo di Tommaso, la scrittura gnostica scoperta a Nag Hammadi in Egitto nel 1945, Cristo afferma che "il regno e dentro di voi e fuori di voi." Questa affermazione deve aver terrorizzato i primi ministri cristiani perché li rendeva obsoleti - perché dovremmo aver bisogno della chiesa per avvicinarci a Dio quando Egli si trova già dentro di noi? - e da qui la decisione del Concilio di Nicene di non includerla nel canone del Nuovo Testamento. A parte il puro sovversivismo dell'affermazione, ciò che veramente colpisce di essa è l'enfasi posta sul nostro io individuale. Anziché esaltare un Dio personale e soprannaturale in quanto forza onnipotente, onnisciente e onniveggente che esiste in qualche luogo nel grande aldilà, l'enfasi è posta in modo chiaro nell'uomo e senza di lui come mezzo Dio non può andare da nessuna parte. "Ovunque due o più persone si riuniscono, io sono tra loro," disse Gesù.

Cosi come siamo creazioni divine, allo stesso modo dobbiamo a nostra volta creare. La divinità deve essere libera di fluire, attraverso di noi, attraverso il linguaggio, attraverso la comunicazione, attraverso l'immaginazione. Credo che questo sia il nostro dovere spirituale che ci e stato indicato dall'esempio di Cristo. Attraverso di noi Dio trova la Sua voce, perché come noi abbiamo bisogno di Dio, cosi Dio ha a Sua volta bisogno di noi. Dio trovò vita attraverso mio padre che delirava e gesticolava nel suo studio recitando le sue opere preferite, ma morì nel cassetto della scrivania che conteneva quelle pagine, le prime dolorose contrazioni dei suoi sogni nati morti.

Mio padre mi chiese che cosa avessi fatto per aiutare l'umanità e a dodici anni non avevo saputo rispondere. Adesso lo so.

Come Cristo, anch'io vengo nel nome di mio padre, per mantenere vivo Dio.

Scritto da Nick Cave, per la BBC Radio 3 "Religious Services" nel 1996.

 

*Se sei il proprietario della traccia audio, ti prego di mandarmi una mail a webmaster(at)nickcave.it e provvederò a rimuoverla.

 



Scopri i Dossier
Grinderman Discografia, testi e traduzioni.
The Birthday Party Biografia, discografia, testi e traduzioni. Con un tributo a Rowland S. Howard


NickCave.it sui social network
Facebook - Twitter
Instagram - Google+
Iscriviti ed avrai aggiornamenti, news e video in tempo reale! Youtube Ch1 Youtube Ch2
Due canali Youtube per trovare rari ed interessanti video.
Nick Cave.it » an Italian unofficial site about Nick Cave and his art » info & contacts